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Ecco perchè (non) mi piace il Natale

A me piace il Natale. Perchè avercela con il Natale?
A Natale c’è sempre tanto lavoro ed io corro come una pazza, stando lontana dalle notizie squallide che avrei la tentazione di non sentire. Tutti sono indaffarati a Natale ed io seguo questa scia e mi affanno come gli altri: porto a casa la mia pagnotta approfittando del desiderio di pagnotta altrui.
Questa è una storia vera, la storia di una ragazza come tante, di una precaria come tante. La chiameremo Malafemmina, per comodità.
A Natale Malafemmina, libera professionista dei miei stivali, prepara cibo per tutti. Non per belli e brutti ma tendenzialmente per ricchi che, in barba alla crisi, hanno deciso di permettersi un qualche buffet benaugurale. E questi ricchi – cui piace dar sfoggio di sè presso amici o dipendenti di fascia alta – sono bravi a scegliere il servizio più sofisticato ed attento al miglior prezzo possibile. Hanno buon fiuto per gli affari e, anche se spesso Malafemmina cade nell’equivoco ruffiano del “come piace il mio lavoro!” scambiandolo per riconoscimento personal-professionale, quei clienti lì san bene di poter pretendere il mondo in cambio di una miseria. E’ per loro che Malafemmina lavora.
Quest’anno Malafemmina ha messo a segno X lavori per una cifra Y (non facciamo i conti in tasca alla gente che non sta bene). Mentre lei lavorava, sempre sulla base di accordi verbali giacchè le piace lo stile informale, ha sviluppato un certo prepotentissimo mal di schiena. Malafemmina ha fatto finta di nulla perchè il lavoro è tanto e non si può star dietro a certe quisquillie. Dopo una settimana di sonni mancati però ha deciso che in un mondo precario poche cose son importanti come la salute ed è finita da un dottore che per una cifra Z le ha diagnosticato lo spostamento di tre vertebre cervicali. Questo è ciò che lei ha capito in virtù delle sue conoscenze nell’interpretazione del linguaggio medico.

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Centro per l’impiego alternativo cercasi

Siccome mi ci sento dentro al Progetto Malafemmina e siccome ho imparato ad amare queste Malafemmine che siamo come sorelle vere, di pelle e carne questa notte mi introduco (un po’ claudicante, lo ammetto) nel nostro spazio perchè ho bisogno di lanciare il nostro grido di guerra, per abbracciare Antonella fortissimo e per sentirmi utile e viva per lei e per tutte/i noi. Vi lascio quello che ho scritto d’istinto.

Questa sera ho due cose in mente.
Da un lato l’ultimo post di Antonella, il suo grido di dolore, l’asfissia di fronte all’ennesima necessità di ricominciare tutto da capo. La mancanza di forze, la stanchezza. Aria che manca. Ma chi ce la fa ogni volta a tirar fuori la grinta per ripartire da zero, mettendoci l’entusiasmo che ti richiedono, il bel sorriso di chi quel nuovo “a progetto” lo stava cercando proprio da una vita (ed è per quello che ha mollato il posto precedente, mica perchè il mondo è precario). Perchè quando ricominci da zero mica puoi essere te stessa. Mica puoi essere quel piccolo rottame che deve pagare l’affitto e le bollette, che si preoccupa per la famiglia, che non ce la fa più a rimettere insieme i cocci di quella speranza che per l’ennesima volta si è rotta. No. Devi averci la grinta di un lottatore di sumo, devi averci il fisico tonico e il sorriso patinato. Far vedere che non è per bisogno ma per passione. E pensa te che passione può mai averci uno per andare a vendere un ambaradan qualsiasi alle porte del vicinato per una provvigione inesistente (perchè questi son gli unici lavori che abbondano).
Comunque. C’ho in mente quell’atmosfera lì. Quell’aria che tante volte ho annusato. Le spalle un po’ più curve. E vorrei far qualcosa.

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Rimarrà il deserto

Non ci siamo capiti. Non è solo il sud di giovani e donne che stanno emigrando. Loro per primi, certo, anche per merito di chi a nord continua a sputare sul sud come se lì ci fossero bestie invece che manodopera che ha arricchito imprenditori nordici di ogni tipo.

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